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Sangue da laboratorio: la ricerca di Cambridge apre scenari per i gruppi rari

La produzione di sangue umano in laboratorio resta un traguardo lontano dall’applicazione clinica su larga scala, ma non è più fantascienza.

L’Università di Cambridge ha presentato i risultati di una ricerca che segna un passo avanti nella comprensione dell’ematopoiesi precoce, quel processo attraverso cui si formano le cellule del sangue nelle primissime settimane dello sviluppo embrionale. Il team del Gurdon Institute, guidato da Jitesh Neupane, ha sviluppato strutture tridimensionali auto-organizzanti chiamate “ematoidi”, capaci di produrre cellule del sangue dopo circa due settimane di coltura.

Come funzionano gli ematoidi

Gli ematoidi nascono da cellule staminali pluripotenti umane che si organizzano spontaneamente in tre strati germinali: ectoderma, mesoderma ed endoderma. Queste strutture mimano alcuni aspetti dello sviluppo embrionale umano tra la quarta e la quinta settimana, una fase impossibile da osservare direttamente nell’embrione naturale perché avviene dopo l’impianto nell’utero materno. Entro l’ottavo giorno di coltura, compaiono cellule cardiache pulsanti. Al tredicesimo giorno, emergono macchie rosse visibili a occhio nudo: è sangue.

“È stato un momento emozionante quando nel piatto è apparso il colore rosso sangue, visibile anche a occhio nudo”, ha dichiarato Neupane. Ma è fondamentale chiarire che gli ematoidi differiscono profondamente dagli embrioni reali: mancano di diversi tessuti embrionali, del sacco vitellino e della placenta necessari per un ulteriore sviluppo. Non possono e non potranno mai svilupparsi in esseri umani.

Il trial Restore e le prime trasfusioni sperimentali

Mentre Cambridge lavora sulla comprensione dei meccanismi di formazione del sangue, nel Regno Unito procede dal 2022 il trial Restore, condotto dall’Nhs Blood and Transplant in collaborazione con le università di Bristol e Cambridge.

Questo studio ha segnato la prima trasfusione al mondo di globuli rossi coltivati in laboratorio a partire da cellule staminali di donatori adulti. I ricercatori hanno trasfuso piccole quantità, circa 10 millilitri, in volontari sani per confrontare la durata dei globuli rossi prodotti in laboratorio con quella delle cellule donate tradizionalmente.

L’ipotesi è che i globuli rossi cresciuti in laboratorio, essendo tutti “giovani” e non un mix di cellule a vari stadi di vita come nel sangue donato, possano durare più a lungo nel corpo umano. Cedric Ghevaert, che guida la sperimentazione, ha dichiarato di sperare che i risultati confermeranno questa aspettativa. Tuttavia, al momento non sono ancora stati pubblicati dati definitivi sull’efficacia a lungo termine di queste cellule.

L’impatto potenziale sui gruppi sanguigni rari

Il vero interesse di questa ricerca risiede nelle implicazioni per i pazienti con gruppi sanguigni rari o ultra-rari. In Italia, un donatore viene definito di gruppo raro quando il suo assetto antigenico si riscontra al massimo in un individuo ogni mille soggetti esaminati. La Banca del sangue raro del Policlinico di Milano, che dal 2005 ha tipizzato oltre 100mila donatori, ha identificato 15mila donatori rari e mille ultra-rari. Attualmente conserva 2mila sacche congelate a meno 80 gradi, utilizzabili per dieci anni.

I donatori con sangue raro sono persone sane il cui sangue rappresenta una risorsa preziosa. Il problema riguarda invece i pazienti che necessitano di trasfusioni e hanno sviluppato anticorpi contro antigeni eritrocitari non comuni, oppure possiedono combinazioni antigeniche particolari. Per questi malati, trovare sangue compatibile può trasformarsi in una corsa contro il tempo. Le implicazioni cliniche riguardano la necessità di supporto trasfusionale, la difficoltà di reperire unità compatibili e i potenziali rischi di reazioni avverse.​

Esistono 370 antigeni eritrocitari individuati, raggruppati in 43 sistemi: oltre al noto sistema Abo con i fattori Rh positivo e negativo, ci sono sistemi meno conosciuti come Mns, P1pk, Kel, Fy e Jk. Lo 0 negativo si trova solo nel 7% della popolazione, mentre l’Ab negativo è ancora più raro, con appena lo 0,5%.

Prospettive e limiti della ricerca

La possibilità teorica di produrre sangue compatibile al cento per cento con il paziente, utilizzando le sue stesse cellule staminali pluripotenti, apre scenari interessanti per la medicina personalizzata. Tuttavia, Azim Surani, autore senior dello studio di Cambridge, è cauto: “Sebbene siamo ancora nelle fasi iniziali, la capacità di produrre cellule del sangue umane in laboratorio rappresenta un passo significativo verso future terapie rigenerative”.

Il metodo sviluppato a Cambridge presenta un vantaggio rispetto ad altri approcci: non richiede un cocktail di proteine aggiuntive per supportare la crescita delle cellule staminali, ma replica il processo naturale di sviluppo basato su un modello auto-organizzante. Gli ematoidi possono anche essere utilizzati per modellare malattie del sangue come la leucemia e per testare farmaci.

Le difficoltà della produzione su larga scala

La distanza tra laboratorio e applicazione clinica rimane considerevole. Fino a poco tempo fa, la produzione di sangue artificiale si scontrava con un ostacolo fondamentale: le cellule staminali morivano durante il processo, rendendo impossibile ottenere quantità elevate. Ricerche precedenti, come quelle dell’Università di Bristol pubblicate su Nature Communications, hanno sviluppato processi per ottenere cellule eritroidi “immortali”, capaci di replicarsi, producendo “litri” di globuli rossi in laboratorio. Ma anche questi approcci sono ancora lontani dalla scalabilità necessaria per sostituire le donazioni tradizionali.

Il sangue resta, per ora, un bene insostituibile che dipende dalla generosità dei donatori. La ricerca può offrire soluzioni per contesti specifici, come le trasfusioni per pazienti con gruppi ultra-rari o per chi necessita di trasfusioni frequenti, ma non è destinata a rimpiazzare il sistema delle donazioni nel breve o medio termine. Servono ancora anni di ricerca, test di sicurezza e verifiche di efficacia prima che il sangue da laboratorio possa entrare nella pratica clinica corrente. Ma il progresso scientifico nel campo ematico sta dando risultati sempre più importanti.

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content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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