(Adnkronos) – Ermanno Picchioni. Anima imprenditoriale dietro Vititaly, azionista di Banco Bpm, la sua è un’impresa agricola atipica, nata da un matrimonio raro tra industria e terra, piĂą vicina a una piccola fabbrica che a una cascina di provincia. E quando guarda al risiko bancario e alla prospettiva di una fusione con Unicredit, scuote la testa: “No, non la vedo bene. Ho paura di trovarmi ancora una volta senza interlocutori”. PerchĂ© – racconta l'imprenditore in un'intervista all'Adnkronos – "amo fare impresa ma il vestito normativo in questo Paese non è cucito sulla pelle delle piccole e medie imprese, ma di quelle piĂą grandi: il risiko ne è una dimostrazione. Le banche funzionano quando finanziano l'economia reale". Â
La sua è una realtà che, pur essendo di dimensioni ridotte rispetto ai grandi operatori, non corrisponde alla tipica azienda agricola unifamiliare, ma presenta una chiara vocazione anche industriale.
 "Esatto. Nel corso degli anni, abbiamo collaborato a piĂą riprese con diverse aziende agricole — sempre chiaramente riconducibili al nostro gruppo di soci. Abbiamo realizzato numerosi investimenti in vari ambiti: colturale, nell’acquisto di terreni e nella realizzazione di impianti agricoli, come vigneti, ma anche nella costruzione di una cantina per la trasformazione del prodotto. Abbiamo puntato anche sull’agricoltura biologica, con tutto ciò che comporta, tra soddisfazioni e difficoltĂ . Recentemente, stiamo portando avanti un investimento nel settore delle agroenergie, con un impianto agrivoltaico di dimensioni significative per la nostra realtĂ : un investimento di circa 5 milioni di euro, che integra la produzione agricola con quella di energia elettrica.Â
C'è bisogno di continui investimenti
 "Sì. In oltre 16 anni, abbiamo realizzato numerosi interventi: un importante impianto serricolo nel 2010, con un investimento di diversi milioni di euro; l’acquisto di terreni e la costruzione di nuove serre nel 2015; l’acquisizione di terreni destinati a vigneto tra il 2019 e il 2020; l’impianto dei vigneti tra il 2017 e il 2022; la costruzione della cantina, avviata nel 2022 e conclusa nel 2024; e infine il progetto agrivoltaico tuttora in corso.Â
Grande necessitĂ di accesso al credito
 "Nel corso di questi 15 anni abbiamo avuto rapporti con diversi istituti di credito, collaborando sia con grandi gruppi bancari nazionali sia con piccole banche del territorio. Abbiamo però riscontrato criticitĂ in entrambi i casi. Â
Cioè?
 "Le banche del territorio, pur essendo spesso piĂą adatte al nostro tipo di realtĂ operano con numerosi vincoli, dovuti in gran parte alla giusta attenzione alla soliditĂ degli impieghi imposta dalla Banca d’Italia. Tuttavia, la loro capacitĂ di intervento è limitata: raramente superano la soglia di un milione di euro per investimento. Dall’altra parte, le grandi banche nazionali operano su scale decisamente piĂą elevate. I nostri progetti, che variano generalmente tra i 2, 3 e i 5 milioni di euro, risultano spesso troppo piccoli per attirare il loro interesse. Di fatto, non abbiamo mai trovato una reale sponda in questo tipo di istituti".Â
Banco Bpm per lei rappresenta la dimensione migliore?
 "Sì, In Banco Bpm abbiamo trovato quella dimensione ideale per cui, quando abbiamo avuto bisogno di finanziamenti, la struttura si è attivata prontamente. Il legame tra la filiale — che rappresenta il nostro punto di contatto diretto — e i livelli piĂą alti della banca ha funzionato davvero bene. A differenza di altre grandi banche nazionali, dove spesso ci si sente dire "dobbiamo sentire la sede centrale" e poi le risposte non arrivano mai o arrivano con molta difficoltĂ , in Banco Bpm ci siamo sentiti ascoltati fin da subito.Â
In che senso?
 "Anche nei momenti in cui non c’erano operazioni in corso, ma semplicemente la necessitĂ di confrontarsi, di spiegare un progetto, di farsi conoscere, abbiamo trovato apertura e disponibilitĂ . Sono venuti a incontrarci anche figure di alto livello, hanno voluto capire il progetto e ci hanno accompagnati nel percorso. Questo, secondo me, è un aspetto molto importante della loro dimensione aziendale e della loro cultura bancaria: credo che proprio in questa dimensione stia il loro punto di forza: sanno rapportarsi con le piccole e medie imprese, c’è un vero riscontro sul territorio. Sono disponibili ad ascoltare e a conoscere i progetti anche quando provengono da realtĂ non grandi, ma comunque solide e motivate".Â
Perché tema un'aggregazione?
 "Le riporto la mia esperienza. Abbiamo fatto un investimento importante nel 2009, allora con un’altra banca. In quella fase abbiamo avuto ottimi interlocutori sia a livello di filiale sia, vista l'entitĂ dell'investimento, anche ai vertici della banca. Si sono attivati in maniera concreta, abbiamo avuto contatti diretti con la direzione e il finanziamento è stato erogato con tempi e modalitĂ soddisfacenti".Â
Poi c'è stata una fusione?
 "Sì, e quando la banca è confluita in una piĂą grande, ci siamo trovati a trattare altri investimenti, ma lì l'esperienza è cambiata. Abbiamo riscontrato un forte scollamento tra la filiale e la direzione centrale. Presentavamo le richieste, ma le risposte non arrivavano, o comunque si perdevano lungo la catena decisionale. Se confrontiamo questa situazione con l’esperienza maturata con banche di dimensioni piĂą contenute, radicate sul territorio — come ad esempio le casse rurali — il quadro è ancora diverso". Â
Limiti?
 "In quei casi, la vicinanza e l’ascolto sono sicuramente maggiori, ma subentrano altri limiti: giustamente, per motivi di gestione del rischio, queste realtĂ tendono a non concentrare troppo il credito su singoli clienti o progetti. Hanno quindi soglie di investimento piuttosto contenute, che possono andar bene per una microimpresa, ma che diventano insufficienti non appena si cresce un po’". Â
Perché teme tanto una fusione con Unicredit?
 "Devo dire che non ho una visione positiva nei confronti di una fusione con Unicredit. Temo di ritrovarmi in situazioni simili a quelle giĂ vissute: ovvero la difficoltĂ , se non l’assenza, di interlocutori chiari e accessibili. Secondo me, il modello ideale dovrebbe tenere conto del processo di trasformazione che il settore bancario sta attraversando ormai da anni: aggregazioni, digitalizzazione, automazione del banking — ed è giusto che si vada in quella direzione. Tuttavia, vedo le filiali non solo come semplici sportelli fisici, che possono anche essere ridotti nel numero o destinati a gestire operazioni standardizzate e clienti retail. Per la media impresa serve qualcosa di diverso: c’è bisogno di interlocutori competenti, vicini, che possano seguire con continuitĂ l’evoluzione dell’azienda".Â
E Unicredit non la convince?
 "L’impressione che ho è che Banco Bpm faccia ancora il "mestiere di banca tradizionale" rispetto a Unicredit, e sia piĂą focalizzata sull’attivitĂ di credito, cioè sul finanziare famiglie e soprattutto imprese". Â
Senta, vedrebbe invece meglio una fusione con un'altra banca che non sia Unicredit?
 "Sì, magari un'aggregazione con una banca che ha una cultura simile a quella di Banco Bpm. Se si aggrega con una banca di un'altra area geografica sicuramente sì. Il rapporto con il territorio è importante a tutti i livelli"Â
Le imprese non se la passano molto bene
 "In questo Paese ci sono molti fattori che scoraggiano chi vuole fare impresa, soprattutto per le piccole aziende. Nelle grandi imprese ogni funzione – dalla qualitĂ alla sicurezza, alla gestione del personale – è affidata a un reparto specifico. In una piccola realtĂ , invece, tutto ricade sulle spalle dell’imprenditore, che non può essere un esperto in tutto. Certo, può contare su qualche collaboratore, ma resta comunque una figura centrale e spesso sovraccaricata. Il problema è che molte direttive, anche a livello europeo, sembrano pensate partendo dal presupposto che tutte le aziende siano grandi strutture, dotate di reparti interni per ogni esigenza. Questo approccio penalizza le piccole e medie imprese, che non hanno le stesse risorse organizzative. Anche il rapporto con le banche rientra in questa dinamica: gestire un’impresa oggi, rispetto a 15 anni fa, è diventato molto piĂą complicato. Le normative sembrano pensate piĂą per rispondere alle esigenze delle grandi imprese, trascurando le specificitĂ e le difficoltĂ di quelle piĂą piccole". (di Andrea Persili) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Azionista Bpm: “Fusione con Unicredit? Non la vedo bene, vi spiego il motivo”
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