(Adnkronos) – "Le stime del consensus sulla crescita degli utili per il 2025 sull’ S&P 500 sono scese dal 12,9% registrato a fine 2024 all’8,1% riportato alla fine di aprile; al contrario, quelle relative all’Msci Eafe — che raggruppa i mercati sviluppati non statunitensi — sono aumentate dal 4,6% all’8,1% nello stesso periodo. È dunque la fine dell’eccezionalismo degli Usa?". Se lo chiede John H. Fogarty, Co-Cio Us Growth Equities di AllianceBernstein, che valuta le prospettive dell'azionario Usa alla luce dell’attuale contesto economico e commerciale, soprattutto per il problema dazi.. "L'intera agenda dell'Amministrazione Trump, oltre la guerra commerciale, ha il potenziale per cambiare le carte in tavola – in meglio o in peggio. Crediamo, tuttavia, che ci siano ancora diversi vantaggi strutturali a sostegno delle società statunitensi. Al di là delle incognite, riteniamo quindi che abbandonare Wall Street non sia una decisione saggia. L'importante è mantenere un approccio cauto e selettivo", sottolinea. "Bisogna valutare diversi aspetti", prosegue. "Osservando le aziende, in tutto il mondo, con una capitalizzazione di almeno 15 miliardi di dollari, che risultano oltre la media del mercato per ritorno sugli asset e crescita degli asset, due metriche che a nostro parere sono indicative di crescita futura, è emerso che, alla fine del 2024, considerando la capitalizzazione complessiva di questo paniere di aziende, il 72% del totale è basato negli Stati Uniti — un valore notevolmente superiore rispetto a qualsiasi altra parte del mondo", dice ancora. "Pur riconoscendo che la guerra commerciale potrebbe intaccare la capacità delle imprese locali di generare una crescita sostenibile, va detto che il mercato statunitense parte da una posizione di forza tale che, anche se alcune società dovessero essere impattate dalla guerra commerciale, rimarrebbe comunque un ampio ventaglio di titoli “growth” redditizi, più ampio di quanto si potrebbe trovare in altre parti del mondo", afferma. "Accanto a ciò, l'innovazione rappresenta un motore fondamentale: secondo il QS World University Rankings, un quarto delle prime 100 università a livello globale ha sede negli Usa. Nel 2024, inoltre, gli Stati Uniti hanno ottenuto il terzo posto nel Global Innovation Index, oltre a ospitare un vasto ecosistema di startup e big tech che hanno rivoluzionato il panorama tecnologico del XXI secolo, dalla tecnologia mobile al commercio elettronico, fino all’intelligenza artificiale". sottolinea. "Certo, tale slancio è messo alla prova da nuove politiche, come possibili congelamenti dei finanziamenti per la ricerca o restrizioni sugli studenti internazionali, che potrebbero dissuadere giovani talenti dal perseguire un nuovo American Dream. Tuttavia, siamo convinti che il vantaggio imprenditoriale, costruito in decenni sia dal mondo accademico che da quello aziendale, rappresenti un aspetto integrante della cultura americana destinato a prevalere", dice. "Tutto considerato, è possibile che l’eccezionalità degli USA che ha sostenuto l’intero mercato negli ultimi anni non sia più così potente come in passato. Seguendo una filosofia e un processo di investimento disciplinati, tuttavia, è possibile navigare anche questo contesto di incertezza.", conclude. —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Dazi, AllianceBernstein: “Azionario Usa alla prova ma non è la fine, ecco perché”
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