(Adnkronos) – Il cantautore Lucio Corsi, reduce dal secondo posto al Festival di Sanremo 2025 con ‘Volevo essere un duro’ e rappresentante italiano all'Eurovision Song Contest, è finito nell'occhio del ciclone per il testo di ‘Altalena Boy', in cui utilizza il termine 'zingaro'. Una polemica che ha sollevato un dibattito più ampio: quando i testi 'scorretti' diventano un caso?
Il brano del 2015 di Lucio Corsi recita: "C'è chi dice ‘l'hanno preso gli zingari. E l'han portato in un campo fuori Roma". La polemica, sollevata dal marionettista rom Rašid Nikolić, si concentra sull'uso del termine “zingaro” considerato dispregiativo e offensivo, oltre che sulla perpetuazione dello stereotipo del rapimento di bambini da parte della comunità rom. Il cantautore toscano, accusato di alimentare pregiudizi con conseguenze discriminatorie e violente, non ha ancora risposto alle critiche. L'episodio riapre il dibattito sui confini della libertà artistica e sulla cosiddetta "cancel culture", la tendenza a "cancellare" opere e artisti ritenuti offensivi, problematici o politicamente scorretti. Dove finisce la legittima richiesta di rispetto e dove inizia la censura? Il caso di Corsi non è isolato: nel 2023, la concorrente di X Factor Anna Castiglia scatenò polemiche con il brano ‘Ghali’ contenente un verso ritenuto antisemita: “Non ho mai soldi in tasca, li chiedo sempre ai miei, ma sono in bancarotta, tutta colpa degli ebrei”. Eppure, la cantautrice aveva spiegato che il brano era un “inno alle colpe” con cui far riflettere sul fatto che daremmo colpa a qualsiasi cosa pur di non assumerci le nostre responsabilità. E che quindi la 'colpa' degli ebrei era stata citata proprio come uno stereotipo. Anche a Sanremo 2025, la scelta di
Fedez
di reinterpretare "Bella Stronza" di Marco Masini, brano accusato di misoginia, ha generato discussioni. Applicare i criteri odierni ai brani del passato porterebbe a una vera e propria ‘ecatombe musicale’. Basti pensare a Marcella Bella che nel 1975 con il brano 'Negro' cantava: "Quando sei entrato nel mio mondo, negro, mi sembravi l'angelo più biondo". Oppure a ‘Le donne di Modena’ di Francesco Baccini, accusabile di promuovere stereotipi di genere. “Tutte fanno da mangiare, sanno cucinare, odiano stirare, e san far l’amore”, cantava il cantautore nel 1990. Per non parlare di artisti come Fabrizio De Andrè o Giorgio Gaber. Nel brano ‘Un giudice’ , il cantautore genovese si dilettava con strofe: “Fino a dire che un nano/ È una carogna di sicuro/ Perché ha il cuore troppo/ Troppo vicino al buco del culo”. Mentre Gaber con una certa sensibilità di oggi potrebbe essere accusato di sessismo o omofobia per i brani ‘Destra-Sinistra’ (“Una donna emancipata è di sinistra/Riservata è già un po’ più di destra/ Ma un figone resta sempre un’attrazione/ Che va bene per sinistra e destra”) e ‘Quando è moda è moda’ (“E anche nell’amore non riesco a conquistare la vostra leggerezza/ Non riesco neanche a improvvisare e a fare un po’ l’omosessuale/ tanto per cambiare”). Il linguaggio e la sensibilità sociale sono in continua evoluzione ma giudicare opere del passato con gli occhi del presente a volte può essere un'operazione complessa e rischiosa. (Loredana Errico) —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)