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Pontedera, il sindaco porta la scuola in strada dopo il pugno del prof

PONTEDERA – Banchi e lavagne nel corso di Pontedera.

Dopo il pugno del prof a uno studente in una scuola superiore di Pontedera, il sindaco Matteo Franconi porta la scuola in strada.

Una vicenda che non smette di suscitare clamore in tutta Italia testimoniata da un video girato con il cellulare da uno studente in classe in cui si vede la gravissima reazione di un docente alle intemperanze di un alunno che gli saltella accanto alla cattedra.

Il sindaco Matteo Franconi spiega via social la sua iniziativa. Con lavagna su cui con il gessetto è scritto “Come fare scuola”, “Come essere scuola”, “La squola che non c’è”.

“In questi giorni la nostra scuola è stata al centro della discussione pubblica nazionale per un episodio in effetti censurabile e inaccettabile sotto tutti i punti di vista.

Prima di ogni altra considerazione mi preme rivendicare come la comunità educativa di Pontedera non sia certamente quella del video.
Il nostro è un sistema scolastico popolato da donne e uomini che spendono quotidianamente ottime competenze e straordinarie energie per sostenere il percorso formativo degli studenti; lo fanno con professionalità, determinazione, rigore e umanità.

Eppure fatti come quelli avvenuti in quella classe non devono soltanto esser censurati ma servire anche ravvivare una consapevolezza collettiva: quella che assegna alla nostra scuola il ruolo fondamentale per decidere quale società vogliamo e a quale futuro stiamo lavorando”.

Prosegue il sindaco: “L’assottigliarsi progressivo dell’etica della responsabilità, il frequente naufragio delle più elementari forme di rispetto, la precipitosa perdita di autorevolezza delle istituzioni sono concause di effetti che si riverberano anche nello spazio e nel luogo per eccellenza deputato alla formazione delle persone e delle comunità: credo serva abbattere quegli steccati che confinano la nostra scuola in un macrocosmo autonomo a cui delegare soluzioni in grado di affrontare (e risolvere) i problemi delle disuguaglianze sociali, delle nuove povertà educative, delle marginalità, delle diversità che invece di costruire occasioni di coesione diventano pretesti di esclusione”.
Quindi: “La scuola che dobbiamo volere non può esser l’ecosistema dove misurare i ragazzi e accrescerne solo le conoscenze ma quello dove la società tutta garantisce ai giovani la messa a disposizione degli strumenti per soddisfare la loro curiosità di conoscere il mondo, la possibilità di capirlo, la voglia di migliorarlo.
Ecco perché dobbiamo lavorare, anche a Pontedera, per coinvolgere in una discussione intergenerazionale, collettiva e programmatica docenti, studenti, famiglie, istituzioni e associazioni, per costruire insieme un orizzonte condiviso a cui tendere in cui ciascuno si senta (e ritorni a sentirsi) seduto su quei banchi, davanti o dietro quelle cattedre, lungo quei corridoi dove il camminare si fa cammino. Partendo da quelle quattro suggestioni riportate sulle lavagne e da quel libro bianco sulla cattedra da scrivere a cento e cento mani”.
Commenta Franconi: “Ecco perché abbiamo deciso di portare simbolicamente un’aula sul corso: la generazione dei genitori di oggi, seduta su quei banchi, non può non sentirsi fattore integrante e responsabile nella filiera delle soluzioni.
Ecco perché non basta commentare ciò che avviene dentro le aule né pontificare da fuori soluzioni salvifiche; dobbiamo piuttosto sentire nostre le sconfitte e le vittorie che ci vengono vissute, avvertire come nostre le soddisfazioni e le mortificazioni di chi ne fa parte, percepire insomma come nostri (e non di altri) i fallimenti sintetizzati in quel video: dagli sberleffi tracotanti (e intollerabili) dello studente alla reazione gravissima (e inaccettabile) del professore.
Ecco perché non possiamo permetterci di stare dalla parte di nessuno: anzi occorre stare, tutti, dalla parte della scuola”.

© Riproduzione riservata

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