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Avere un figlio costa alle donne 4500 euro l’anno: i dati choc di Irpet sulla Toscana

FIRENZE – La Toscana sta vivendo un inverno demografico che ne sta ridisegnando il futuro. Meno culle e una popolazione che invecchia velocemente: un mix che impatta su tutto, dal mercato del lavoro ai costi della sanità. Di questo si è parlato oggi in un seminario cruciale organizzato da Irpet, che ha messo in luce la portata del fenomeno.

La Toscana, infatti, ha una delle quote di popolazione anziana più elevate d’Europa. L’età media è già superiore a quella Ue. Le proiezioni sono chiare: l’indice di dipendenza degli anziani schizzerà dal 42,9% del 2025 al 67,5% nel 2065.

I numeri del calo nascite sono impressionanti. Tra il 2008 e il 2024 si contano 13 mila nati in meno. La causa principale (per 8 mila unità) è la semplice diminuzione delle donne in età fertile. Ma per i restanti 5 mila, il problema è la minore fecondità: si è passati da una media di 1,41 a 1,12 figli per donna.

Eppure, il desiderio di famiglia resta. Un’indagine Irpet su oltre 1700 donne ha rivelato un “gap riproduttivo” enorme: oltre tre quarti delle donne dichiara di non aver realizzato pienamente il proprio desiderio di maternità. Il modello ideale restano i due figli, ma i vincoli economici e sociali frenano le aspirazioni.

La tassa sulla maternità

Avere un figlio resta una penalizzazione economica, soprattutto per le donne. L’indagine Irpet evidenzia un dato netto: prima della nascita, le donne guadagnano in media 8mila euro l’anno in meno dei partner. Dopo la nascita, il divario sale a 12mila euro. Si tratta di una “penalità di coppia” che si stabilizza su una perdita di circa 4500 euro annui per le mogli.

All’incontro è intervenuto anche il presidente Eugenio Giani. “Alla luce di questi dati, serve un modello toscano di welfare – ha dichiarato, lamentando la mancanza di una politica nazionale – Serve un sistema che faccia sentire protette le giovani coppie che vogliono figli.”

Giani ha rivendicato le misure regionali come nidi gratis e libri gratis. Ha poi aperto a una nuova misura: “Stiamo valutando un reddito di inserimento lavorativo”, ha annunciato. Si tratterebbe di un percorso di formazione e ricerca attiva del lavoro, della durata massima di nove mesi, con un sostegno di 500 euro mensili per chi è vulnerabile o ha perso gli ammortizzatori sociali.

L’impatto positivo dei nidi

Un focus è stato dedicato proprio ai servizi per l’infanzia. La Toscana, con la sua alta copertura di asili, ha visto effetti positivi. Frequentare un nido sussidiato aumenta la probabilità che la madre resti al lavoro (+5 per cento per i contratti precari). Per le madri disoccupate, la combinazione nido-bonus aumenta del 13 per cento la possibilità di reinserirsi.

L’effetto si vede anche sulle nascite: le madri che usufruiscono di nido e bonus hanno una probabilità più alta del 5 per cento di avere un secondo figlio.

REDAZIONE

© Riproduzione riservata

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