PISA – Il futuro dell’automobile non nasce solo in fabbrica, ma dal recupero intelligente di ciò che buttiamo. All’Heritage Hub di Mirafiori si è concluso il viaggio di Co-Smart, un progetto ambizioso guidato dall’università di Pisa. L’obiettivo era chiaro: trasformare i rifiuti in risorse preziose per la mobilità.
I risultati sono tangibili. Vecchie reti da pesca dismesse e fibre di carbonio riciclate sono diventate componenti auto ultraleggeri. Gli scarti alimentari, come gli oli vegetali esausti, sono stati convertiti in biolubrificanti ad alte prestazioni. La ricerca non si è fermata qui. Sono stati sviluppati pannelli termoregolanti e tessuti antibatterici per gli abitacoli. Ogni prototipo ha superato i test: sono sostenibili, ma anche sicuri e performanti.
L’Ateneo pisano ha coordinato una squadra d’eccellenza. Al suo fianco hanno lavorato le Università di Bologna, Politecnico di Bari e Politecnica delle Marche, oltre a colossi come Stellantis e A2A. Il progetto rientra nel Centro nazionale per la mobilità sostenibile (Most), finanziato dal Pnrr. “La ricerca pubblica sa creare soluzioni concrete”, ha sottolineato Maurizia Seggiani, coordinatrice del progetto. “Abbiamo dimostrato che si può ridurre l’impatto ambientale senza sacrificare la qualità”.
L’importanza dell’iniziativa è stata riconosciuta ai massimi livelli. La ministra dell’università, Anna Maria Bernini, ha inviato un messaggio chiaro. “Questa non è teoria, è pratica industriale avanzata – ha scritto – La ricerca trascina con sé l’impresa e i territori. L’Italia è in movimento”. Sulla stessa linea l’assessore piemontese Andrea Tronzano, che ha ricordato come l’innovazione dagli scarti sia vitale in un’epoca di materie prime scarse.
Formalmente, Co-Smart chiuderà i battenti il 31 dicembre. Tuttavia, l’eredità che lascia è solida. In tre anni è stata costruita una rete di alleanze e acquisita strumentazione all’avanguardia. Il programma Most, di cui questo progetto è un fiore all’occhiello, muove un investimento complessivo di 380 milioni di euro. Coinvolge 24 atenei e oltre mille ricercatori. La strada per una mobilità davvero circolare è ormai tracciata.
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