VOLTERRA – Armando Punzo, fondatore della storica Compagnia della Fortezza di Volterra, la prima compagnia teatrale nata in un carcere e diventata una delle realtà più importanti della scena di ricerca, riceve il Leone d’oro alla carriera della Biennale Teatro 2023 di Venezia.
Alla Compagnia della Fortezza di Volterra assegnato il Gonfalone d’Argento, massima onorificenza del Consiglio regionale della Toscana.
Il Leone d’Oro ad Armando Punzo è stato approvato dal Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia su proposta dei Direttori del settore Teatro Stefano Ricci e Gianni Forte. La premiazione si svolgerà il 17 giugno alle 12 nella Sala delle Colonne, sede della Biennale, nel corso del 51esimo Festival Internazionale del Teatro.
L’architetto Mario Cucinella realizza il nuovo teatro per i detenuti del carcere di Volterra.
La Compagnia della Fortezza, la compagnia teatrale attiva dal 1988 dentro il carcere di Volterra, sarà dunque insignita del Gonfalone d’Argento.
Lo ha deciso l’Ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa della Toscana, dopo che è stato presentato il progetto per nuovo teatro all’interno del carcere di Volterra, alla quale è intervenuto il presidente Antonio Mazzeo.
Il nuovo teatro firmato Cucinella sarà realizzato in un padiglione di 450 metri quadrati, avrà 250 posti e sarà completamente rimovibile; e proprio grazie alle pareti perimetrali rimovibili potrà garantire ai cittadini di avvicinarsi all’esperienza del teatro carcerario anche rimanendo all’esterno della Fortezza.
Mazzeo: “Il sogno di Punzo è diventato una realtà e in 35 anni ha prodotto spettacoli premiati più volte ed eventi culturali di livello internazionale. E’cresciuto nel tempo il rapporto con il territorio e molti detenuti hanno potuto fare formazione professionale ai diversi mestieri del teatro. Il sogno di Cucinella invece avrà il suo coronamento nel 2024 con la fine dei lavori del nuovo teatro, che sarà unico al mondo. Il carcere nell’idea architettonica di Cucinella e teatrale di Punzo prova così ad andare oltre, a diventare allo stesso tempo istituto di cultura, luogo di produzione e laboratorio per la formazione. Questa è la dimostrazione che anche un’istituzione come il carcere può non essere sempre uguale a sé stessa, può non ripetersi all’infinito, può felicemente tradire la concezione comune e migliorarsi”.
Poi: “Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri. Il carcere deve essere un luogo dove acquisire gli strumenti per un reinserimento nella vita sociale e civile, perché le pene non devono diventare strumento per trattamenti contrari al senso di umanità, come prescrive la nostra Carta Costituzionale”.